Big Ben Bar di Via San Giuseppe, le 11 di sera. Piccola tappa per un caffè e per acquistare delle sigarette. Una rarità a Saronno, dove dopo le 20 cala il silenzio. Eppure quel bar ha avuto il coraggio di tenere aperto la sera, oltretutto in un posto che in tanti definiscono ‘a rischio’: dopo le 17 cambia faccia partendo con un happy hour ed arrivando anche oltre la mezzanotte. Capitiamo spesso lì e spesso scambiamo due chiacchiere col barista che abbiamo imparato a conoscere: Carlos. E’ stata proprio quella s ad incuriosirci ed a farci conoscere la sua storia. Il nonno ingegnere partì per il Perù a costruire ponti e dighe. A Lima è nato il padre di Carlos, anch’egli ingegnere, e Carlos stesso. Là Carlos era un extracomunitario ricco, che viveva nel ‘clan’ italiano dove gli hanno inculcato di non avere rapporti con la gente del posto. Poi la situazione politica in Perù cambiò, ci furono degli attentati ed anche la ditta della famiglia di Carlos cadde sotto la dinamite. Fu così che chiesero asilo politico in Usa e poi si dissero che dopotutto erano italiani perché non tornare in Italia? E così fecero venendo a Saronno dove già stava uno zio musicista. La vita di Carlos è stata poi anche abbastanza burrascosa, ma questo appartiene al suo privato ed è giusto che lì rimanga. Ciò che invece ci piace rendere pubblico è la sua risposta alla nostra domanda su cosa pensa, dal suo personale osservatorio così particolare, del problema extracomunitari a Saronno ed in generale: “Vedi, anche se mi è stata inculcata una certa mentalità, io sono stato sempre uno spirito libero. Conosco quattro lingue ed ho sempre avuto rapporti con tutti spinto dalla mia passione per le donne… non so se mi spiego. Io non tollero certi comportamenti, ma nemmeno che a certi comportamenti venga messa un’etichetta perché sbagliato è il comportamento non la nazionalità della persona che lo compie…”.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento