domenica 13 giugno 2010
lunedì 7 giugno 2010
"Strapazzi di primavera", la festa che cambia le etichette
Quando il regista del gruppo teatro del “Clan/Destino” ha raccolto tutti i suoi attori attorno a sé in cerchio e dicendo: “mi raccomando, dobbiamo divertirci come dei pazzi!” ha urlato con loro “merda, merda, merda!” c’era anche tutta la comunità che gravita attorno ai Cra-Cps di Saronno in Via Don Bellavita che lo scorso week end ha organizzato, o meglio ‘fatto assieme’ come amano dire loro, la sedicesima edizione degli "Strapazzi di primavera" con Paolo Labati, comico di Zelig, a fare da specchietto per le allodole. L’iniziativa, che mira a integrare la struttura e i suoi ospiti con il territorio, è diventata un appuntamento fisso per Saronno. C’erano operatori e pazienti dell’Uop di Psichiatria e della Cpm, i volontari dell’Asvap4, i ragazzi del Clan/destino, associazione di auto mutuo aiuto, e quelli della Cooperativa Sun-Chi, persone che spesso si mischiano e ricoprono anche più ruoli. La "due giorni" ha offerto, tra l'altro, concerti e laboratori artistici, una mostra di pittura e momenti dedicati allo shiatsu, allo sport ed al ballo con i mitici alpini di Origgio del buon Mascheroni ad occuparsi della ristorazione. C’era anche l’ex primario Teodoro Maranesi che ha passato la mano a Marco Goglio ed una visitina l’ha fatta anche il direttore Pietro Zoia, anche lui regista di teatro in questo grande gioco delle parti. Chi come noi si è potuto gustare tutto ciò ha probabilmente alla fine scoperto il sottile godimento che si prova ad andare in giro con un cappellino griffato “Clan/destino” che è diverso che andare in giro con l’etichetta che si da a chi qua risiede…
venerdì 4 giugno 2010
Vivere Saronno: la testimonianza di Teresa
Soggiorno di Sant’Agnese. Una signora legge un libro di Radice a voce alta. C’è chi ascolta, chi dorme, chi guarda fuori della finestra. Lei ci vede e si alza, ci butta le braccia al collo felice e ci porta fuori, su due sedie in corridoio. “Ciao Mauro, t’ho fatto chiamare per dirti che qui adesso sto bene: mi curano, sono in compagnia, è come essere in un albergo. C’è solo una suora che a volte mi fa arrabbiare… All’inizio però è stata dura, non riuscivo nemmeno a chiudere occhio in quel letto diverso dal mio. E’ stata una scelta obbligata: non riuscivo più ad andare al Despar in bicicletta come prima o a fare teatro al Cra con il “Clan/Destino”. Facevo fatica anche a prendere il pullman per andare al cimitero. I servizi sociali gli ultimi tempi mi portavano da mangiare che non riuscivo più a cucinare. Ho venduto la casa e sono venuta qui mentre Rosaria è andata al Cse, dietro la posta nuova. Adesso sta bene anche lei; ieri era domenica ed è anche venuta a trovarmi…”. Lei è Teresa, 73 anni, vedova, abitava con la figlia Rosaria dietro l’ospedale. Rosy ha 49 anni, è affetta dalla sindrome di Down. Hanno vissuto per anni insieme, una era la forza dell’altra. Lo strazio della divisione è stato devastante su entrambe. Adesso va meglio. “Devo darti qualcosa per l’articolo? Mi raccomando, stai vicino ai tuoi figli. Dico tanti rosari, prego per tutti, anche per te…”.
martedì 1 giugno 2010
Venerdì 25 all’Hurghada di Gianni l’Egiziano Fermarsi un attimo assaporando jazz…
Per molti la vita è un grande contenitore, un piccolo mondo di plastica da girare con un carrello in mano consumando un po’ di tempo in mezzo a tanta gente, rigorosamente in coda in un posto dove tutti fanno le stesse cose ma nessuno si parla. Il cibo, spesso, è semplicemente uno degli input in ingresso, come in un computer. E’ stata ben diversa da questo quadro generale alquanto agghiacciante la serata di venerdì 25 all’Hurghada di Gianni l’Egiziano dove il cibo veniva servito accompagnato dalle note jazz di un gruppo musicale d’eccezione. Quella sera suonava the drammer: Flavio Gioia, che qui è di casa abitando a due passi, e poi Giuseppe Emmanuele al piano, Guido Bergliaffa al basso e c’era la voce del saronnese Claudio Borroni. Ad un certo punto s’è alzato da un tavolo un cliente a cui Flavio ha ceduto le bacchette: era Flavio Ravizzani, milanese, uno che ha suonato anche con Celentano, suo vicino di casa a cui doveva spesso prestare la macchina per le sue ‘uscite’ romantiche… Quella sera Laura, una cliente di Gianni, ha compiuto trent’anni ed è arrivata la torta sulle note di “happy birthday to you”. L’atmosfera, se possibile, s’è fatta ancor più famigliare e partecipata trascinata come sempre da quel clima cameratesco e goliardico che contraddistingue le esibizioni di Flavio Gioia e dei suoi amici. Naturalmente non vogliamo insegnarvi nulla, ci mancherebbe, vorremmo solo che vi fermaste un attimo a pensare che passiamo già tanto tempo della nostra vita di corsa sommersi da mille problemi e che sarebbe opportuno, quando si è stanchi o si ha fretta, cominciare a rallentare; anzi, più si è stanchi o più si ha fretta e più si dovrebbe rallentare, riordinare le idee, capire chi si è e dove si sta andando; i latini ne fecero anche un proverbio: festina lente. Ci sono poi tanti modi per farlo, del buon jazz in una certa atmosfera è semplicemente uno di questi.
Alla Sala Nevera di Viale Santuario “Crart”: arte ed arte terapia in mostra
“L’arte è un messaggio all’anima dell’uomo, segue criteri espressivi, tecnici e di condivisione col contesto sociale che oltrepassano le barriere.. L’arte terapia è un’ottima tecnica riabilitativa. Sono due cose diverse. Oggi e nei prossimi giorni abbiamo qui esposte opere di artisti con problemi psichici e non ed opere di un gruppo d’arte terapia che si è formato al Cra sotto la supervisione dell’educatrice Donata Brasca. Vi inviterei ad uscire da un concetto paternalista e compassionevole che giudica le opere come valide in quanto espressione di un disagio, non esiste un’uguaglianza tra arte e follia…”. Questi alcuni dei passaggio del discorso introduttivo dello psichiatra Marco Goglio, responsabile del Cra di Via Don Bellavita, all’inaugurazione della mostra “Crart, esposizione d’arte”, venerdì 16 alla Sala Nevera. Non a caso, tra i ‘soliti noti’, era presente un noto pittore rovellese, Gianluigi Alberio, che ha recentemente curato l‘allestimento di una personale di uno dei pittori presenti, Marco Brix, e che vorrebbe ripetere l’esperienza con i bronzi ‘metafisici’ di Enrico Della Porta. Di particolare rlievo, a nostro avviso, anche le opere di Nicola Tarantino, l’infermiere-pittore, che vorremmo citare anche per il fatto che ha seguito alcuni degli artisti che espongono, ancora oggi e domani, sabato e domenica, dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 19.
Inaugurata la mostra dell’artista saronnese Antonio Marciano: “portatore sano di desideri…”
Lo ha detto Francesca Marianna Consonni, sabato 14, nel corso dell’inaugurazione della mostra “So far so good” di Antonio al castello di Monteruzzo ed al Map, il Museo di Arte Plastica di Castiglione Olona. L’esposizione durerà fino al 5 Aprile e presenta circa quaranta opere realizzate dall’artista dal 1999 ad oggi più sei quadri inediti di grandi dimensioni. Potete visitarla, in questi due magnifici ambienti, dal martedì al sabato dalle 9 alle 12 e poi dalle 15 alle 18; di domenica solo al pomeriggio (info:0331858301; www.myspace.com\antoniomarciano). I ringraziamenti della Consonni, curatrice della mostra, sono andati a tutto lo spirito del paese di Castiglione, che ha dato il benvenuto ad Antonio per mezzo del sindaco, un paese che si merita la presenza di un museo come il Map, il primo in Italia dedicato esclusivamente ad opere d’arte realizzate in materiale plastico. L’opera di Antonio Marciano è realizzata infatti con l’insolita tecnica dei chiodini colorati di plastica della Quercetti, famoso gioco nato negli anni cinquanta, che vengono collocati su griglie modulari. Chiodini che sono superficie, punto, colore, la materia di cui spesso è fatta l’arte. Quello che a prima vista appare come un gioco è un paziente lavoro fatto di tempo, di cura nella composizione, eseguito punto per punto. “In fase di progetto, che è la parte più impegnativa del mio lavoro – dice Antonio stesso – utilizzo vari mezzi che servono per sintetizzare l’immagine che ho in testa, un metodo che per me è come disegnare”. I desideri di Antonio sono tanti, molti dei quali sono contenuti “in germi ed enzimi dei lavori di questa mostra”, come scrive la Consonni sul catalogo, desideri che si realizzeranno con tanti puntini colorati, termini del tempo e dello spazio di Antonio. A noi piace però l’idea di lasciare comunque tutto in sospeso, cercando di non arrivare alla conclusione di questo discorso ancora aperto, parafrasando Francesca Tollardo, la ‘manager’ di Antonio, per lasciarvi il piacere di scoprirli e di scoprire che magari qualcuno è anche il vostro.
lunedì 31 maggio 2010
“Quando l’aereo sta per precipitare devi prendere in mano la cloche”
Siamo andati a trovare Giovanni Castiglioni un pomeriggio come tanti dopo una sua telefonata in redazione. Abita al terzo piano di un condominio nei pressi dell’ospedale, due particolari che, vedrete, avranno importanza. Ci ha accolti nel suo studio dove troneggiano una vecchia macchina da scrivere collegata ad un video e tanti libri, tra cui ci ha impressionato l’opera omnia di Freud: altri particolari che avranno importanza. Prima di parlare del suo libro, ha voluto sapere di noi, spiegandoci che anche lui è stato giornalista e, sentendolo, che giornalista! Ci ha interrotto la telefonata della segretaria di Antonella Ferrario che voleva prendere accordi per avere copie del suo libro che il sindaco di Ceriano voleva regalare ai suoi assessori. Vorremmo presentarvi il signor Castiglioni attraverso le sue stesse parole, da noi sollecitate: “il signor Castiglioni è un uomo speciale che ho avuto la fortuna di incontrare circa 7-8 anni fa senza mai incontrarlo ai tempi in cui ero compagna di liceo di suo figlio Mauro. E’ una di quelle persone che consideri un ‘puro’, il vero maestro di una volta. Persona educata, rispettosa, per nulla fredda anzi, vive con grande intensità affetti ed emozioni. Mi ha sempre colpito il suo stretto legame con la natura e le forti sensazioni che da essa scaturiscono. Nel suo ultimo libro forte è il richiamo all'uomo a rispettare la natura. In certi punti del testo si osserva un po’ di sconforto e di critica feroce verso la medicina, la politica, ecc. credo che ciò possa discendere sia da esperienza personale che dal momento particolare che l'autore vive da qualche anno e che nella seconda parte del libro con grande coraggio viene ‘dato in pasto’ al lettore. E' straordinaria questa capacità di confrontarsi con l'incredibile malattia che lo ha colpito, denota una lucidità di analisi e di controllo fuori dal comune. Straordinario e fondamentale il suo desiderio di comunicare, è l'anima della sua stessa vita”. Il libro in questione s’intitola: “Saper leggere tra le righe della vita”. Il maestro Castiglioni ce ne ha regalata una copia pregandoci di leggerlo prima di scrivere l’articolo. Si tratta di acutissime riflessioni sui vari aspetti della vita introdotte da un suo motto con uno stile molto colloquiale, pieno di punti esclamativi e di caratteri maiuscoli. La Ferrario parlava di un’incredibile malattia: si tratta di mesioteloma maligno alla tunica vaginale di un testicolo causato dall’amianto a cui è stato sottoposto chissà quando e dove, malattia che le statistiche dicono abbia lo 0,0000000001% di probabilità di manifestarsi, tanto che, attualmente, si possono contare sulle dita di una mano le persone che, in tutto il mondo, hanno questo male. “Non possiamo nemmeno fare un club! – ha ironizzato il Castiglioni – siamo troppo pochi!”. E’ talmente incredibile la sua capacità di confrontarsi con la malattia che ci ha buttato là: “tra sei mesi molto probabilmente sarò morto ma non me ne frega” come se ci dicesse: “vuoi bere un caffè?”… Il mesioteloma occupa solo la parte finale del libro, dove si parla dell’importanza, quando l’aereo sta per precipitare, di prendere in mano la cloche e decidere della propria vita, della propria qualità di vita e, per farlo, di saper dire dei no, ma questo sempre fosse anche solo davanti all’ascensore... Dire di no, pensare, ragionare sui fatti quotidiani e sui massimi sistemi: questo è il ‘saper leggere tra le righe della vita’ del titolo. Come quando ragiona sui torti subiti nella sua professione di “maestro di campagna”, come lui stesso si definisce, o di quando gli furono sottratti i progetti di molta della pubblicità degli anni ’70 con cui voleva ottenere il successo ma che, dopo anni di ‘decantazione’ filosofica, forte degli studi freudiani, ha capito essere stata una fortuna. Nel susseguirsi dei motti parla anche, a suo modo, di religione e del perdono che sarebbe l’alibi dei malvagi, dell’uomo che torna ad essere un animale senza storia sul letto di morte e del tempo, nel cui grembo si trova il segreto della vita. Vorremmo lasciarvi così, avendo stuzzicato la vostra curiosità ma senza avervi dato molti elementi per soddisfarla per indurvi a comprare questo grande libro dalla misteriosa copertina raffigurante forse delle onde, forse dei riccioli, forse semplicemente un disegno astratto che sempre ricorre nelle sue opere con un colore sempre diverso. Questo è arancione, un colore che, nella cultura giapponese e cinese, è associato all'amore, alla gioia ed alla felicità, rappresenta la vitalità e ricarica chi è stanco…
Fabio Bernardinello, quando le equazioni differenziali diventano sogni!

Un’uggiosa mattina di settimana scorsa, la stazione della Bovisa, il dipartimento di Meccanica del Politecnico di Milano, l’incredibile edificio Sesini che ti fa credere di essere alla Nasa: questi gli elementi di un tuffo nel passato personale ed in un presente sbalorditivo viste le differenze con qualche decennio fa. E poi loro, i ragazzi che, nei laboratori del Dipartimento di Meccanica (da dove per esempio il mitico prof. Diana fece uscire un brevetto mondiale sui cavi di alta tensione), partecipano al progetto “Dynamis-Polimi Reparto Corse” costruendo, con circa 14.000 euro e in ogni particolare, un prototipo di macchina da corsa di appena 200 kg che può percorrere da fermo i 100 metri in circa 4 secondi. La vettura, monoposto a ruote scoperte, ha come finalità quella di partecipare al campionato "Formula Sae”, la storica competizione di matrice universitaria, circa 400 team di tutto il mondo, che ha la caratteristica di far gareggiare le vetture in un clima che unisce gli aspetti di una competizione vera e propria (con 4 differenti prove dinamiche) a quelli di una “fiera automobilistica”, dove le varie università espongono i propri progetti all’interno dei rispettivi stand. Ecco alcuni dei ragazzi (i responsabili dei vari settori): si chiamano Gianmarco Picardi, layout manager, Diego Rosin, responsabile sospensioni, Davide Frigerio, responsabile Powertrain, Matteo Parini, responsabile simulazioni dinamiche, Sebastiano Morone, responsabile ergonomia, Federica Inguscio, responsabile test ed organizzazione, Maurilio Fava, pilota, ed infine Fabio Bernardinello, responsabile sponsors e pilota. Con loro c’erano anche i responsabili di questo “Progetto Formula Student”: il Prof. Federico Cheli e gli ingegneri Francesco Braghin e Vincenzo D’Alessandro. Ogni ragazzo ha, come vedete, il suo spicchio di responsabilità a seconda della specificità degli studi e delle attitudini personali ma, parlando con loro nel ‘box’, la loro tana piena di pc, attrezzi e strumenti, abbiamo potuto notare un grande spirito di gruppo per cui le sinergie sono all’ordine del giorno. Quest’anno hanno corso a Silverstone, 16-19 luglio e poi sono stati alla gara di Varano de Melegari, da noi in Italia, ad inizio Settembre, dove hanno ricevuto i complimenti dei giudici per le innovative soluzioni tecniche presentate risultando essere, infatti, la macchina d’acciaio più leggera, ed anche per essere un team giovanissimo composto essenzialmente da ragazzi del terzo anno, alle soglie della laurea breve. In gara su pista non sono andati bene, ci diceva amareggiato uno dei due piloti, il saronnese Fabio Bernardinello: hanno rotto il motore durante la prima gara ed il cambio in Italia, nella patria di Dallara Automobili, il maggior produttore mondiale di telai per auto da corsa del mondo che quest’anno si cimenterà anche in F1 con il team Campos Le rotture sono state causate comunque dalla messa a punto di una macchina che non era quella prevista per cause tecniche indipendenti da loro: in pratica in formula1 si direbbe che hanno dovuto correre con il muletto: “Eravamo qui a sistemarla dal mattino presto fino alle 9 di sera; ce ne andavamo semplicemente perché chiudevano…”. Adesso sono già all’opera per preparare la stagione 2010 nella quale la vettura subirà un ulteriore perfezionamento delle soluzioni sin qui utilizzate che saranno testate sulla in pista. E’ stato bello poter vedere negli occhi di questi ragazzi entusiasmo, passione, amicizia, cameratismo, cose che vanno enormemente al di là del semplice passare l’esame perché sono gli elementi con cui forgeranno le loro vite. E chissà se Fabio, che ha esordito con i kart all’età di 16 anni, un giorno potrà stringere la mano del suo mitico concittadino Roberto Colciago, plurititolato pilota Saronnese, vincitore nel ’90 del Campionato Italiano F3 per poi diventare uno dei migliori specialisti italiani di vetture Turismo vincendo nel 2002 il Campionato Svedese Turismo e nel 2006 il Campionato Italiano Superturismo.
Per chi volesse maggiori informazioni e per rimanere sempre aggiornati sulle vicende del team collegatevi all’indirizzo www.dynamisprc.it oppure scrivete afsae.polimi@gmail.comStoria di Carlos, extracomunitario italiano…
Big Ben Bar di Via San Giuseppe, le 11 di sera. Piccola tappa per un caffè e per acquistare delle sigarette. Una rarità a Saronno, dove dopo le 20 cala il silenzio. Eppure quel bar ha avuto il coraggio di tenere aperto la sera, oltretutto in un posto che in tanti definiscono ‘a rischio’: dopo le 17 cambia faccia partendo con un happy hour ed arrivando anche oltre la mezzanotte. Capitiamo spesso lì e spesso scambiamo due chiacchiere col barista che abbiamo imparato a conoscere: Carlos. E’ stata proprio quella s ad incuriosirci ed a farci conoscere la sua storia. Il nonno ingegnere partì per il Perù a costruire ponti e dighe. A Lima è nato il padre di Carlos, anch’egli ingegnere, e Carlos stesso. Là Carlos era un extracomunitario ricco, che viveva nel ‘clan’ italiano dove gli hanno inculcato di non avere rapporti con la gente del posto. Poi la situazione politica in Perù cambiò, ci furono degli attentati ed anche la ditta della famiglia di Carlos cadde sotto la dinamite. Fu così che chiesero asilo politico in Usa e poi si dissero che dopotutto erano italiani perché non tornare in Italia? E così fecero venendo a Saronno dove già stava uno zio musicista. La vita di Carlos è stata poi anche abbastanza burrascosa, ma questo appartiene al suo privato ed è giusto che lì rimanga. Ciò che invece ci piace rendere pubblico è la sua risposta alla nostra domanda su cosa pensa, dal suo personale osservatorio così particolare, del problema extracomunitari a Saronno ed in generale: “Vedi, anche se mi è stata inculcata una certa mentalità, io sono stato sempre uno spirito libero. Conosco quattro lingue ed ho sempre avuto rapporti con tutti spinto dalla mia passione per le donne… non so se mi spiego. Io non tollero certi comportamenti, ma nemmeno che a certi comportamenti venga messa un’etichetta perché sbagliato è il comportamento non la nazionalità della persona che lo compie…”.
Un pomeriggio di ordinaria follia… in posta L’incubo del numero P228
Hai appena mangiato, stai per bere il caffè ed ecco che ti ricordi: c’è da passare in posta a ritirare una raccomandata. Guardi l’ora: le 13:50. Pensi: “è presto, a quest’ora non ci sarà nessuno in posta, meglio andarci subito tanto devo essere al lavoro alle 15 in un paese vicino”. Finisci il caffè e ti avvii. Arrivi in posta, prendi il tuo biglietto: P234, alzi gli occhi e guardi i led luminosi con il numero servito: P228. Pensi: “perfetto, ne ho solo 6 davanti, 10 minuti e sono fuori”. Allora guardi distrattamente il reparto con libri, dischi, articoli regalo. Ti soffermi su di un paio di titoli. Poi torni e guardi ancora i numeri: P228, ancora lui. Guardi allora il signore davanti alla postazione: è un extracomunitario ed ha un sacco di pacchi. Lo senti discutere con l’operatore. Intanto ti siedi, avvilito. Guardi l’ora: le 14,10. Ecco che arriva un’altra operatrice che spiega cosa dovrebbe fare il signore. Lui, calmo, comincia a farlo. Attorno a lui vedi altre persone con i biglietti in mano che cominciano a spazientirsi. “Ma non può mettersi qualcun altro agli sportelli?”. Dopo poco arriva un’altra operatrice, ma si capisce che fa qualcosa che non fa abitualmente… P229… Passa ancora del tempo. Arriva un operatore da dentro: “io non c’entro con la sportelleria…”. P230. la gente comincia ad alzare la voce: “perché a questo sportello c’è scritto aperto ma non c’è nessuno?” “Dove sono gli altri?” “Voglio parlare col direttore!!!” L’operatrice è pallida, suda. Poi esce, chiama il direttore. Il direttore arriva: “come fareste voi se aveste un sacco di personale in malattia?” “Sono affari suoi, è lei il direttore!!! “Io abito in Via Volta, è da una settimana che non arriva il postino. Sono abbonato a giornali e riviste, ma non ricevo nulla…” “Aspetti, le chiamo il responsabile del reparto”. Arriva il tipo che prima diceva di non entrarci per niente, questa volta è gentile, spiega al signore che il suo postino è in infortunio, che provvederà a fargli avere la posta. P231. P232. Non c’è, se ne sarà andato. P233. Non c’è più nemmeno lui. Ecco, forse tocca a te. Prendi il tuo numerino, lo mostri, porgi anche il foglio della raccomandata, firmi. Apri la raccomandata. “Cazzo, niente d’importante…”. Esci e ti senti libero, leggero, come chi è uscito da un incubo. Guardi l’ora: le 14,45. Si, forse arrivi anche in orario. Ti avvii alla macchina ed intanto pensi: “Ma se dovessi dare un titolo a questo articolo cosa metterei? Un extracomunitario blocca la posta o le poste riescono ad andare in crisi per quattro pacchi? Perché il soggetto fa la differenza…”. Allora ci ripensi e scrivi: “L’incubo del numero P228”.
Incontro con Salvatore Scravaglieri, l’uomo sandwich di Corso Italia Matto o profeta?
Chi, passeggiando sul Corso Italia, non ha mai visto quest’uomo urlare a squarciagola frasi apparentemente senza senso con dei cartelli ‘a sandwich’, un succhiotto o magari un sombrero?
Soprattutto la prima volta, chi lo vede si da di gomito indicandolo e portandosi il medio alla tempia per poi non farci più nemmeno caso non avendo tempo o forse nemmeno voglia di accontentare i ma, i però e i perché che si affacciano alla loro mente. Solo i bambini continuano a divertirsi al suo passaggio.
Chi dice di conoscerlo lo dipinge come un furbo matricolato che si fa beffe delle istituzioni sociali della città vivendo alle spalle dei contribuenti.
Si chiama Salvatore Scravaglieri, è un ex operaio che svolgeva anche una certa attività sindacale all’interno della fabbrica, vive nel quartiere Prealpi.
E’ su di una panchina di Via Carlo Marx che lo abbiamo trovato intento nella lettura di un libro e ci siamo fermati ad intervistarlo colpiti dal contrasto di quell’immagine seria e ‘normale’ rispetto a quelle cui c'eravamo abituati sul Corso Italia.
Ci ha detto di definirsi “ferro ignorante” a disagio che ha cominciato, molto tempo fa, dall’incontro con persone che operavano nel volontariato e quindi con realtà di fraternità, di solidarietà e di condivisione, ad intraprendere, seppure a tentoni, un suo cammino, un suo ‘pellegrinaggio’ interiore verso “la luce”, verso cioè un incontro tra universale ed individuale che troverebbe la sua massima sublimazione nel sacro.
Uno dei suoi numerosi cartelli affermava che “la mia arte è portare il divano di Freud in piazza” per dimostrare, ci ha spiegato, che si può superare il disagio esprimendo il proprio essere, la propria libertà, tutta la propria personalità non senza un certo autogoverno, un certo rispetto delle individualità altrui.
Certo tutto questo non lo fa secondo i canali classici, non è certo politically correct, agisce attraverso continue provocazioni che tra l’altro usa anche per superare la paura del giudizio degli altri, che probabilmente, ci ha detto, è una delle maggiori fonti di disagio.
Il divertimento che scorge nei bambini, il suo vero pubblico privo di preconcetti a suo modo di vedere, lo aiuta a superare l’indifferenza e la nomea di ‘matto’ che lo circonda.
Ma allora, in definitiva, chi è Salvatore Scravaglieri?
Un matto od un profeta?
O tutte due le cose?
Mah…
domenica 30 maggio 2010
Domenica 30 gazebo in piazza per le firme del referendum Perché l’acqua è un bene comune




sabato 29 maggio 2010
A colloquio con Isabella Avati Nasce l’associazione “Scacciapensieri”
“Mi piacerebbe dare una svolta alla mia vita, prenderla in mano e trasformare poco alla volta le cose che mi piacciono in un lavoro, quantomeno in un hobby…”. Sono parole di Isabella Avati, 27 anni, impiegata saronnese che ha cominciato a passare dalla teoria alla pratica sfruttando le sue conoscenze in ambito turistico e dando vita ad un’associazione: “Scacciapensieri”, insieme per viaggiare, imparare e gustare. In pratica si tratta di semplici gite fuoriporta che però andranno alla scoperta di antichi borghi e delle relative realtà artistiche e culinarie tra cultura e divertimento, un modo per fare turismo intelligente lontano dai soliti viaggi organizzati in posti esotici per evadere dalla vita di tutti i giorni. Qualche esempio? Grazzano Visconti (il 27) e poi l’antico borgo dei magli (Bienno, Bs), uno dei borghi più belli d’Italia, Piona e Gravedona, tra abbazia e lago, la leggenda Inca a Brescia, una giornata sulla neve e sul trenino rosso del Bernina. Info: asso-scacciapensieri@libero.it http:// scacciapensieri-isa.blogspot.com/ 3453302077.
Incontro con il giovane pittore barlassinese Thomas Berra: un anticonformista all’antica
Su YouTube alla voce “Why not contempory art” sono visibili due filmati realizzati nella spettacolare location dello studio fotografico “Studio White” di Milano dove si vede Thomas Berra realizzare un quadro a suon di musica, fare quindi del “Live painting”. L’opera, che potete ammirare anche qui di fianco, è un trittico di grandi dimensioni che rende bene l’idea della forza espressiva di questo artista 23enne ma con all’attivo numerose mostre in gallerie e spazi pubblici. L’idea dell’evento è partita da tre giovani del mondo della comunicazione: Claudio Costa, Cris Nulli e Giovanni De Peverelli che hanno riunito attorno a Thomas molti altri creativi: art directors, accounts, grafici, media buyers, giornalisti di Milano e dintorni. Noi abbiamo incontrato Thomas nello studio di Barlassina, a casa della nonna, dove può disporre degli ampi spazi necessari ad esprimere la sua arte che si espande a macchia d’olio dal seminterrato ai piani superiori fino al ‘salotto buono’ dove la nonna si gode la sua “numero uno” di ragazzino tredicenne che voleva rappresentare il sole sul fondo del mare. Con lui c’era il fratello che ci ha intrattenuto mentre Thomas arrivava da Milano dove abita in un monolocale in affitto del quartiere cinese, affitto che andava a pagare uscendo poi con noi perché era già in ritardo… una cosa normale ma alquanto strana visto che il fratello invece è andato “in negozio” come lo chiama lui, Euronics come lo chiamiamo noi… Thomas fa di cognome Berra, suo padre Paolo è il procuratore di quel ‘negozio’ dove per la prima volta abbiamo sentito parlare di Thomas con l’amico comune Flavio Gioia, batterista che lo conosce da quando anche lui suonava. In effetti, di arte e ‘negozio’ è intrisa tutta la famiglia compreso il nonno ottimo pittore dilettante ed è quindi per loro naturale destreggiarsi nelle varie sinergie che questi due elementi possono creare. Ma sia Thomas che suo fratello (una via di mezzo tra Thomas e loro padre se ci passate il termine) non danno certo l’impressione, come sarebbe potuto essere, dei figli di papà viziati e coccolati. L’impressione nostra è stata di una famiglia molto unita, diremmo quasi all’antica (da qui il titolo) e con i piedi per terra che ha saputo sostenere l’ispirazione del ragazzo senza volerlo per forza inserire ‘dietro il bancone’ perché sa che è con la creatività e la fantasia che si va avanti in qualsiasi campo magari facendo uova perfette con una bomboletta spray (che a volte Thomas usa nei suoi dipinti). Ormai Thomas ha superato le 450 opere (tutte numerate e catalogate per volere di papà Paolo) e decine di queste erano dove l’abbiamo incontrato, accatastate su di un ottimo parquet, che parlano di una costante evoluzione alla ricerca di uno stile proprio che comincia a delinearsi anch’esso pieno di sinergie ed accostamenti e rivisitazioni: dai colli di Modigliani alle opere di Andy Warhol con un uso prioritario dei colori fondamentali: forti, vivi, estremamente dinamici che parlano dell’uomo immerso nella metropoli che cerca di non esserne soffocato ma lotta ancora alla pari ed ecco allora i tocchi anche figurativi e metafisici delle ultime opere. Chissà, forse un giorno troverà la sua strada definitiva e poi magari stenterà a farsi riconoscere per altre cose che vorrà realizzare, cosa che peraltro già succede adesso… In gergo sportivo si scrive e si dice “questo Milan” o “questo Inter” perché esprime la squadra di quel momento, con i giocatori che spesso cambiano; dovrebbe essere semplice capire che al posto di una squadra si può inserire anche una persona senza darle per forza delle etichette. Forse è questo che ha già trovato Thomas: evolversi continuamente nel mondo artistico ma non solo senza fossilizzarsi su di un’etichetta, o su di un nome…
Al Carrefour di Limbiate per Adricesta Onlus Anna Galoppo, i “Mad4fun” ed i sosia in spettacolo
Un centro commerciale è un grande contenitore, un piccolo mondo di plastica da girare con un carrello in mano consumando un po’ di vita in mezzo a tanta gente rigorosamente in coda dove tutti fanno le stesse cose ma nessuno si parla. Come per un computer, ha degli input in ingresso e degli output in uscita. Sabato 25, a Limbiate, è stato dato un input diverso: è stato allestito un palco dov’è andato in scena uno spettacolo di beneficenza. Protagonisti Anna Galoppo ed i suoi “Mad4fun” che si sono esibiti con artisti particolari: i sosia di Vasco Rossi e Mr. Bean, di Ricky Martin ed Antonio Banderas, di Michael Jackson e Renato Zero. Così le persone che si sono accalcate dietro le transenne hanno potuto ammirare i balletti di Federica, Rebecca, Greta, Alessia, Serena ed Ivanir e le esibizioni di personaggi famosi che però nella realtà di tutti i giorni si chiamano Guido Piazzi, Gabriele Radaelli, Pierluigi Rozza, Sergio Barbaro, Andrea Imparato e Giuliano Colombo. La Galoppo, vulcanica ed eclettica come sempre, era presente nella doppia veste di coreografa delle ragazze e… sosia di Maria Teresa Ruta. Il tutto è stato organizzato a favore di “Adricesta Onlus” e del suo progetto “un sogno in corsia”, premiato anche dalla Presidenza della Repubblica, che si propone di realizzare i sogni ed i desideri di piccoli pazienti ricoverati nei reparti pediatrici facendoli stare anche a contatto con la loro realtà attraverso sofisticate attrezzature multimediali perché possano affrontare al meglio la malattia sviluppando anche un rinnovato entusiasmo per la vita. Il messaggio dello spettacolo è stato quindi un messaggio di speranza, di condivisione, di dialogo; un modo per dire che insieme si può affrontare meglio la vita, per sottolineare l’importanza dei sogni e degli ideali, per dire che tutti noi possiamo essere, nel nostro piccolo, dei personaggi famosi, un invito ad essere protagonisti della propria vita e non solo a consumarla e a mitizzarla. Anna Galoppo, alias Maria Teresa Ruta, ha presentato questo spettacolo, ha dato questo input, ci piace pensare che il suo messaggio sia uscito anche in output…
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