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perchè Rescaldina è un paese dormitorio?

domenica 13 giugno 2010

lunedì 7 giugno 2010

"Strapazzi di primavera", la festa che cambia le etichette




Quando il regista del gruppo teatro del “Clan/Destino” ha raccolto tutti i suoi attori attorno a sé in cerchio e dicendo: “mi raccomando, dobbiamo divertirci come dei pazzi!” ha urlato con loro “merda, merda, merda!” c’era anche tutta la comunità che gravita attorno ai Cra-Cps di Saronno in Via Don Bellavita che lo scorso week end ha organizzato, o meglio ‘fatto assieme’ come amano dire loro, la sedicesima edizione degli "Strapazzi di primavera" con  Paolo Labati, comico di Zelig, a fare da specchietto per le allodole. L’iniziativa, che mira a integrare la struttura e i suoi ospiti con il territorio, è diventata un appuntamento fisso per Saronno. C’erano operatori e pazienti dell’Uop di Psichiatria e della Cpm, i volontari dell’Asvap4, i ragazzi del  Clan/destino, associazione di auto mutuo aiuto, e quelli della Cooperativa Sun-Chi, persone che spesso si mischiano e ricoprono anche più ruoli. La "due giorni" ha offerto, tra l'altro, concerti e laboratori artistici, una mostra di pittura e momenti dedicati allo shiatsu, allo sport ed al ballo con i mitici alpini di Origgio del buon Mascheroni ad occuparsi della ristorazione. C’era anche l’ex primario Teodoro Maranesi che ha passato la mano a Marco Goglio ed una visitina l’ha fatta anche il direttore Pietro Zoia, anche lui regista di teatro in questo grande gioco delle parti. Chi come noi si è potuto gustare tutto ciò ha probabilmente alla fine scoperto il sottile godimento che si prova ad andare in giro con un cappellino griffato “Clan/destino” che è diverso che andare in giro con l’etichetta che si da a chi qua risiede…

venerdì 4 giugno 2010

Vivere Saronno: la testimonianza di Teresa

Soggiorno di Sant’Agnese. Una signora legge un libro di Radice a voce alta. C’è chi ascolta, chi dorme, chi guarda fuori della finestra. Lei ci vede e si alza, ci butta le braccia al collo felice e ci porta fuori, su due sedie in corridoio. “Ciao Mauro, t’ho fatto chiamare per dirti che qui adesso sto bene: mi curano, sono in compagnia, è come essere in un albergo. C’è solo una suora che a volte mi fa arrabbiare… All’inizio però è stata dura, non riuscivo nemmeno a chiudere occhio in quel letto diverso dal mio. E’ stata una scelta obbligata: non riuscivo più ad andare al Despar in bicicletta come prima o a fare teatro al Cra con il “Clan/Destino”. Facevo fatica anche a prendere il pullman per andare al cimitero. I servizi sociali gli ultimi tempi mi portavano da mangiare che non riuscivo più a cucinare. Ho venduto la casa e sono venuta qui mentre Rosaria è andata al Cse, dietro la posta nuova. Adesso sta bene anche lei; ieri era domenica ed è anche venuta a trovarmi…”. Lei è Teresa, 73 anni, vedova, abitava con la figlia Rosaria dietro l’ospedale. Rosy ha 49 anni, è affetta dalla sindrome di Down. Hanno vissuto per anni insieme, una era la forza dell’altra. Lo strazio della divisione è stato devastante su entrambe. Adesso va meglio. “Devo darti qualcosa per l’articolo? Mi raccomando, stai vicino ai tuoi figli. Dico tanti rosari, prego per tutti, anche per te…”.

martedì 1 giugno 2010

Venerdì 25 all’Hurghada di Gianni l’Egiziano Fermarsi un attimo assaporando jazz…

Per molti la vita è un grande contenitore, un piccolo mondo di plastica da girare con un carrello in mano consumando un po’ di tempo in mezzo a tanta gente, rigorosamente in coda in un posto dove tutti fanno le stesse cose ma nessuno si parla. Il cibo, spesso, è semplicemente uno degli input in ingresso, come in un computer. E’ stata ben diversa da questo quadro generale alquanto agghiacciante la serata di venerdì 25 all’Hurghada di Gianni l’Egiziano dove il cibo veniva servito accompagnato dalle note jazz di un gruppo musicale d’eccezione. Quella sera suonava the drammer: Flavio Gioia, che qui è di casa abitando a due passi, e poi Giuseppe Emmanuele al piano, Guido Bergliaffa al basso e c’era la voce del saronnese Claudio Borroni. Ad un certo punto s’è alzato da un tavolo un cliente a cui Flavio ha ceduto le bacchette: era Flavio Ravizzani, milanese, uno che ha suonato anche con Celentano, suo vicino di casa a cui doveva spesso prestare la macchina per le sue ‘uscite’ romantiche… Quella sera Laura, una cliente di Gianni, ha compiuto trent’anni ed è arrivata la torta sulle note di “happy birthday to you”. L’atmosfera, se possibile, s’è fatta ancor più famigliare e partecipata trascinata come sempre da quel clima cameratesco e goliardico che contraddistingue le esibizioni di Flavio Gioia e dei suoi amici. Naturalmente non vogliamo insegnarvi nulla, ci mancherebbe, vorremmo solo che vi fermaste un attimo a pensare che passiamo già tanto tempo della nostra vita di corsa sommersi da mille problemi e che sarebbe opportuno, quando si è stanchi o si ha fretta, cominciare a rallentare; anzi, più si è stanchi o più si ha fretta e più si dovrebbe rallentare, riordinare le idee, capire chi si è e dove si sta andando; i latini ne fecero anche un proverbio: festina lente. Ci sono poi tanti modi per farlo, del buon jazz in una certa atmosfera è semplicemente uno di questi.

Alla Sala Nevera di Viale Santuario “Crart”: arte ed arte terapia in mostra

“L’arte è un messaggio all’anima dell’uomo, segue criteri espressivi, tecnici e di condivisione col contesto sociale che oltrepassano le barriere.. L’arte terapia è un’ottima tecnica riabilitativa. Sono due cose diverse. Oggi e nei prossimi giorni abbiamo qui esposte opere di artisti con problemi psichici e non ed opere di un gruppo d’arte terapia che si è formato al Cra sotto la supervisione dell’educatrice Donata Brasca. Vi inviterei ad uscire da un concetto paternalista e compassionevole che giudica le opere come valide in quanto espressione di un disagio, non esiste un’uguaglianza tra arte e follia…”. Questi alcuni dei passaggio del discorso introduttivo dello psichiatra Marco Goglio, responsabile del Cra di Via Don Bellavita, all’inaugurazione della mostra “Crart, esposizione d’arte”, venerdì 16 alla Sala Nevera. Non a caso, tra i ‘soliti noti’, era presente un noto pittore rovellese, Gianluigi Alberio, che ha recentemente curato l‘allestimento di una personale di uno dei pittori presenti, Marco Brix, e che vorrebbe ripetere l’esperienza con i bronzi ‘metafisici’ di Enrico Della Porta. Di particolare rlievo, a nostro avviso, anche le opere di Nicola Tarantino, l’infermiere-pittore, che vorremmo citare anche per il fatto che ha seguito alcuni degli artisti che espongono, ancora oggi e domani, sabato e domenica, dalle 10 alle 12 e  dalle 16 alle 19.

Inaugurata la mostra dell’artista saronnese Antonio Marciano: “portatore sano di desideri…”



Lo ha detto Francesca Marianna Consonni, sabato 14, nel corso dell’inaugurazione della mostra “So far so good” di Antonio al castello di Monteruzzo ed al Map, il Museo di Arte Plastica di Castiglione Olona. L’esposizione durerà fino al 5 Aprile e presenta circa quaranta opere realizzate dall’artista dal 1999 ad oggi più sei quadri inediti di grandi dimensioni. Potete visitarla, in questi due magnifici ambienti, dal martedì al sabato dalle 9 alle 12 e poi dalle 15 alle 18; di domenica solo al pomeriggio (info:0331858301; www.myspace.com\antoniomarciano). I ringraziamenti della Consonni, curatrice della mostra, sono andati a tutto lo spirito del paese di Castiglione, che ha dato il benvenuto ad Antonio per mezzo del sindaco, un paese che si merita la presenza di un museo come il Map, il primo in Italia dedicato esclusivamente ad opere d’arte realizzate in materiale plastico. L’opera di Antonio Marciano è realizzata infatti con l’insolita tecnica dei chiodini colorati di plastica della Quercetti, famoso gioco nato negli anni cinquanta, che vengono collocati su griglie modulari. Chiodini che sono superficie, punto, colore, la materia di cui spesso è fatta l’arte. Quello che a prima vista appare come un gioco è un paziente lavoro fatto di tempo, di cura nella composizione, eseguito punto per punto. “In fase di progetto,  che è la parte più impegnativa del mio  lavoro – dice Antonio stesso – utilizzo vari mezzi che servono per sintetizzare l’immagine che ho in testa, un metodo che per me è come disegnare”. I desideri di Antonio sono tanti, molti dei quali sono contenuti “in germi ed enzimi dei lavori di questa mostra”, come scrive la Consonni sul catalogo, desideri che si realizzeranno con tanti puntini colorati, termini del tempo e  dello spazio di Antonio. A noi piace però l’idea di lasciare comunque tutto in sospeso, cercando di non arrivare alla conclusione di questo discorso ancora aperto, parafrasando Francesca Tollardo, la ‘manager’ di Antonio, per lasciarvi il piacere di scoprirli e di scoprire che magari qualcuno è anche il vostro.